nota di Gianni Quilici
Sapere che Shah
Marai,
il fotografo di
questa straordinaria foto,
è morto ucciso straziato per un attentato a Kabul,
da chi si è ucciso, sbriciolato
per cieca, atroce,
alienata follia,
insieme al altri (innocenti),
fa piangere dalla
rabbia dolore.
Perché in questa
foto c’è futuro e bellezza,
quella bellezza che
sottende dolore,
che diventa arte.
La bellezza di un
profilo armonioso di bimba afghana,
bocca aperta, occhi
socchiusi,
raccolta totalmente
in attesa,
una mano gentile
che la sorregge,
la goccia nell’aria
sospesa,
d’una evidenza
cristallina.
Una foto essenziale,
niente vi è di
superfluo,
e di una semplicità
immediata,
che richiama la
storia di un popolo
da tempo in balia
della guerra,
una guerra che non
risparmia nessuno,
anche coloro che sono
indifesi e innocenti.
E questa foto dove
non c’è violenza,
ma cura,
prevenzione,
ne è uno dei
possibili grandi simboli.
Shah Marai (41 anni) aveva
cominciato a lavorare per la agenzi France Presse come autista, oltre vent'anni
fa, nel 1996, l'anno
in cui i talibani presero il potere e poi cominciò a fotografare lui stesso le
vite (e le morti) del suo paese.
Testimoniò per l'agenzia anche
l'invasione Usa nel 2001. Nel 2002 è diventato reporter a tempo pieno fino a
diventare il responsabile della sede Afp a Kabul.
Lascia una moglie e sei figli, tra cui una
bimba appena nata.
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