10 agosto 2016

"Il Diario del giovane Federico. Dal dramma della guerra un messaggio di pace" di Gaetano Caricato

              Un bel diario 

        di guerra partigiana

 di Luciano Luciani

Un bel diario, questo di Gaetano Caricato: forte di un ritmo incalzante, denso di fatti e persone, incisivo... Pagine scritte in presa diretta da un ventenne di settant’anni fa nei giorni convulsi, drammatici, tragici che vanno dalla fine dell’estate del ’43 all’autunno inoltrato del ’44. L’anno, forse, più terribile che la nostra comunità nazionale abbia vissuto nel suo secolo e mezzo di esistenza. Il tempo in cui avviene quello che qualche storico ha definito “la morte della Patria": con un’Italia sconfitta militarmente, invasa dagli eserciti stranieri e divisa in due, sottoposta a feroci bombardamenti; i suoi figli dispersi dappertutto, dalla Russia ai Balcani, dalla Germania all’Africa e quelli rimasti in patria, i giovani, soprattutto, ricercati, costretti a nascondersi dai brutali Bandi Graziani od obbligati a impugnare le armi per difendere a volte il lavoro, a volte il raccolto, sempre comunque libertà e dignità.

L’autore del nostro diario è un ragazzo del sud, pugliese, foggiano, che appartiene a una numerosa famiglia della media borghesia meridionale. Studente universitario di matematica e fisica, come tanti altri studenti universitari viene precettato per un corso allievi ufficiali di complemento. L’Arma, il Genio, al termine del corso è sottotenente di un plotone di telegrafisti, destinato a operare in Toscana, a Pescia. È il 23 luglio del ’43, siamo a pochi giorni dal collasso del fascismo. La guerra, però, continua e soprattutto la confusione regna sovrana. Il nostro sottotenente, però, in un certo qual modo, è fortunato: un attacco di malaria, complicatosi in tubercolosi polmonare, lo fornisce dell’unica arma con cui per settimane, per mesi, potrà difendersi dal Bando Graziani. Una licenza per convalescenza che sarà abilmente sfruttata finché possibile.
 

Insomma, il Nostro, antifascista da subito per convinzioni e sentimenti, non è un modello di salute: ma il suo stato fisico precario non gli impedirà di raggiungere i partigiani operanti in Val Casotto, un’area montuosa del cuneese e partecipare a una, due, tre, azioni di guerriglia che portano distruzione e morte tra i tedeschi e i fascisti. Si tratta di una resistenza ancora aurorale formata da ex militari che hanno conosciuto la Russia e i Balcani, qualche studente e qualche soldato alleato, fuggito dai campi di concentramento. Il mondo contadino e montanaro del cuneese è ancora tutto da conquistare alla causa della libertà e non è facile: qualcuno ancora appoggia fascisti e tedeschi; qualcuno fa la spia, altri giocano su due tavoli. Un mondo complesso per il nostro giovane studente di matematica carico di idealismo, che, da credente qual è, si interroga sulla liceità delle sue azioni. E si risponde: “Se compito dei gruppi partigiani non è solo quello di sfuggire all’odio nazifascista per il rifiuto al collaborazionismo, ma anche quello di contribuire a far uscire dall’Italia al più presto possibile l’esercito tedesco che si comporta come un barbaro esercito invasore, non possiamo agire diversamente, anche se, talvolta, le operazioni di guerriglia possono coinvolgere civili innocenti”.

Un ragionamento limpido, il suo. La guerra contro fascisti e nazisti è un dovere patriottico a cui non ci si può sottrarre: la sua non è una militanza politica, se non nel senso dell’antifascismo. Si tratta di liberare l’Italia dalle orde tedesche, orde, usa proprio questo lessico, Federico. E pur di raggiungere tale obbiettivo si collabora con tutti, indistintamente. Anche con i comunisti che rappresentano un tipo umano di partigianato, che non gli fa particolare impressione. Poi, di nuovo, quel maledetto mal di petto, ed è giocoforza ricoverarsi nell’ospedale di Cuneo, in condizioni di semiclandestinità, aiutato, ancora una volta, dalla sua licenza di convalescenza e dalla solidarietà di medici e infermieri. Appena guarito Federico è ancora partigiano, in Val di Susa: qui la situazione sembra più favorevole. Anche perché la resistenza è più matura, ha collaudato il suo agire, il rapporto tra città e montagna si è fatto più saldo; gli scioperi del marzo’44 nelle grandi fabbriche del nord hanno determinato una netta accelerazione dell’iniziativa partigiana ora più consapevole, più incisiva. Anche i nazifascisti, però, si sono riorganizzati e portano duri colpi agli uomini e alle formazioni della Resistenza armata. E il nostro giovane partigiano, complice ancora il suo malanno ai polmoni, è costretto a mimetizzarsi nei ranghi dell’esercito fascista e poi sotto le spoglie di un frate cappuccino. Un sedicente religioso che raggiunge a fatica il punto di partenza: Pescia e il suo territorio, dove Federico riprende la lotta antifascista. Siamo ora in  Val di Lima, nella zona di di Bagni di Lucca e i suoi nuovi compagni di lotta sono i partigiani dell’XI zona al comando di Manrico Ducceschi, “Pippo”, già conosciuto in autunno. Ora la vicenda personale di Federico, si confonde con l’epopea di quella formazione partigiana: 200 uomini che si scontrano ripetutamente con tedeschi e fascisti in condizioni difficilissime: il freddo, siamo sui 1200 metri, la fame per la difficoltà degli approvvigionamenti; la scarsità delle armi e delle munizioni. Eppure sono reparti bene organizzati che attaccano tedeschi e fascisti quasi ogni giorno e ogni notte, contribuendo in maniera determinante alla spinta e all’avanzata delle truppe alleate. Anche Federico offre il suo generoso contributo, unito a preziose competenze militari. Fino a luglio, quando si ripresenta di nuovo il maledetto mal di petto, un cupo dolore alla spalla destra che costringe il nostro eroe a cercare rifugio a Collecchio di Pescia. Qui, però, viene rastrellato e portato fino a Innsbruck, da dove fuggirà travestito, questa volta, da seminarista, per ripresentarsi nell’agosto del ’44 sui colli pesciatini, nel momento più cupo nella storia di quel terribile anno, in quella zona. Infatti, i tedeschi incattiviti per la sconfitta che sentono prossima, costretti a ritirarsi, incalzati dalle forze alleate che avanzano da sud e da est, incrudeliscono sulle popolazioni civili con feroci rappresaglie ed eccidi sia di partigiani, sia di cittadini inermi. Federico è costretto a spostarsi continuamente da un borgo e un casolare amico, avendo continuamente nell’orecchio il rumore degli scarponi delle pattuglie tedesche, le loro urla, gli ordini gridati in una lingua dura ed estranea. 


Qui le pagine del suo diario ricalcano da presso quelle più disperate e dolenti del Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, quando il protagonista, perduti i collegamenti con i compagni, morti o in fuga, si aggira, mosso solo dall’istinto di sopravvivenza, sulle colline intorno ad Alba.
 

Poi, finalmente, anche a Pescia, l’arrivo degli Alleati: poco festoso perché i tedeschi, sia pure in ritirata sulle loro fortificazioni della Linea Gotica, continuano a colpire le popolazioni. Ed è solo a questo punto che Federico sceglie di tornare a casa sua, a Foggia.  Verso casa la strada è, come si dice, tutta in discesa anche se gli scenari che si presentano agli occhi di Federico sono costellati di rovine, macerie, disastri. A Roma, a Napoli, nelle sua città duramente segnata dai bombardamenti degli Alleati. Rimette piede in casa alle due e trenta del 18 settembre ’44… e Gaetano, ormai non più Federico, ha tanta, tanta voglia di un bel piatto di orecchiette!
 

Inizia questo punto, un altro difficile cammino per Gaetano: quello della ricostruzione. Intanto la sua, personale. Ovvero, vincere la malattia e ridiventare un uomo sano: gli ci vorranno tre anni e mezzo. Poi, partecipare alla rinascita di un’Italia nuova, libera, democratica quale era negli auspici di Federico partigiano e dei suoi compagni. E anche a questo riguardo Gaetano Caricato, assistente all’Università di Napoli del prof. Caccioppoli, il “matematico napoletano”, ricercatore universitario e poi, a sua volta, docente a Napoli e a Roma, farà generosamente la sua parte.
Ma questa è la storia di un altro, auspicabile, Diario… 


Gaetano Caricato, Il Diario del giovane Federico. Dal dramma della guerra un messaggio di pace, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2015, pp. 248, Euro 14.00

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