22 aprile 2016

“Patricia Highsmith” foto di René Burri



di Gianni Quilici

Qualche anno fa su Il manifesto vidi questa foto, la tagliai e la incollai su un quadernone, che mi accompagnava.
Non volevo perderla almeno per un po’.
Mi colpiva (colpisce) per due ragioni.

Ero allora preso da Patrice Higsmith, (e ne sono preso ancora), di cui leggevo, uno dietro l’altro, molti romanzi, perché la Highsmith riesce a creare una incredibile tensione dentro la quotidianità, anche la più apparentemente banale, facendoci vivere progressivamente, e sempre di più, situazioni sul filo del rasoio, attraverso personaggi (e situazioni) complessi, che trascinano nella lettura a mente sveglia ed occhi spalancati.

Da qui la domanda:” Ma che tipo di donna è Patricia Highsmith e che vita avrà avuto?
Ecco, la foto di René Burri è forse una sottile indicazione.

Siamo in Svizzera nel 1988 e Patricia ha circa 67 anni. La vediamo seduta  ad un tavolo con davanti un piatto vuoto, che stringe meccanicamente un bicchiere con una delle due mani. Ciò che colpisce immediatamente è il suo volto così diverso, per chi ha visto le foto, da quello piacevolissimo della sua giovinezza. E’ un volto sul filo dei generi (potrebbe sembrare anche di un uomo), ed è un viso piegato, che sembra perso sul versante disperato, per gli occhi abbassati come se guardasse il nulla.

L’acutezza fotografica di Burri, che fa grande lo scatto, è dare la giusta cornice a questo volto già di per sé fortemente simbolico.
Infatti, il tavolo non risulta essere un banale tavolo di cucina, dove si consumano i pasti, ma appare un tavolo, per così dire, totale. Ci sono, oltre agli strumenti del mangiare, anche fogli, penne ed un giornale dispiegato sopra non si sa cosa, come se mangiare-bere-leggere-scrivere potessero coesistere simultaneamente.

René Burri coglie l’intimità di Patricia Highsmith, un’intimità che può assurgere a simbolicità. Perché per un verso trasmette forse la fatica e il tormento di una creazione che non ha orari; per un altro questa creatività, difficile a farsi, la colloca in un’atmosfera che lascia indefiniti non solo gli oggetti, ma anche la stessa scrittrice, misteriosa,  come appaiono nella loro contorta e ambigua identità i protagonisti dei suoi romanzi.

René Burri. Patricia Highsmith. Svizzera 1988.         

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