17 aprile 2016

"Il fuoco dello sguardo" di John Berger



IL POETA MINATORE    

di Vianca Tancio Quinzon

“Il poeta è come un minatore che scava in profondità fino a che non trova un fondo nel proprio Io, che è comune  in tutti gli uomini. Scopre gli altri in se stesso” diceva Giorgio Caproni.
Quando ho cominciato a scrivere di John Berger non sapevo nemmeno da dove iniziare, tanta è la sua poliedricità, ma ecco che d’un sol fiato Giorgio Caproni è riuscito a descriverne il carattere più essenziale. Ora so da dove cominciare.

È stato un viaggio, un cammino che tutt’ora sto percorrendo al fianco della sua poesia, alla ricerca di un’espressione, di un’ispirazione, di uno spazio creativo.

John Berger ha ridefinito il mio spazio reale, piantandomi per terra e staccando un paio di piume dalle ali della mia speculazione. Mi ha fatto vedere la falce che taglia il grano, provare le ore eterne in una fabbrica, ascoltare il sussurro dell’acqua nei campi, sentire il dolore di una partenza, dell’assenza.

Mi riferisco, in particolare, alla raccolta di poesie “Il fuoco dello sguardo”, curata e tradotta da Riccardo Duranti, e pubblicata nel maggio 2015, dalla sua stessa casa editrice “Coazinzola Press”. John Berger ha sempre scritto poesie che però erano rimaste sparse fra i suoi saggi, romanzi, racconti ed ora per la prima volta si trovano unite in un'unica raccolta organica e compatta scoprendolo essere un poeta, ruolo con il quale non ha mai voluto identificarsi.
Le poesie sono divise ed organizzate in cinque sezioni: Parole (“Words”), La Storia (“History”), Emigrazione (“Emigration”), Luoghi (“Places”) e L’amore mio (“My love”).

Questa suddivisione pone chiare linee guida alla lettura, rendendola più scorrevole e comprensibile.
John Berger, infatti, è piuttosto un poeta - minatore che scava nei posti più remoti, un artigiano che plasma la materia con maestria.

John Berger è un artista che scandaglia a fondo le capacità umane di penetrare nella realtà con pensiero apparentemente pacato ed immobile, ma agile e dinamico nel suo esplicarsi.

Il suo è uno sguardo che non si ferma sulla superficie, ma scava in profondità, brucia le parti inutili e ne scova l’essenziale. Un occhio sensibile alle variazioni di colore, attento e vigile ad ogni movimento. Un occhio indagatore che scruta e si nasconde senza voler cambiare il fatto, lasciandolo essere.
Non è un caso il titolo in copertina, “Il fuoco dello sguardo”, che allude alla sua abilità di osservatore.

Non usa filtri di nessun tipo, nessuna pretesa di censurare il diverso, l’inusuale, il bizzarro ma racconta liberamente della storia, della vita, della natura, dell’amore, della guerra…
Sono nato dallo sguardo dei morti
fasciato nell’iprite
e allattato in una trincea
(Autoritratto 1914-1918 - da "Il fuoco dello sguardo)

L’esperienza è una parola chiave della sua poesia, che è sobria, asciutta, essenziale, vera. Le parole di cui si serve sono misurate, osate e dirette senza troppi preamboli, perifrasi. I versi sono semplici ed incisivi, liberi si aggrappano sulla pagina e nulla è lasciato al caso.

La metafora del minatore pare la più appropriata a caratterizzarlo e se proprio dobbiamo risparmiare sulla parola, come consiglia Giorgio Caproni, basterà rivolgere lo sguardo in quella miniera per trovarlo alle prese con rocce, pietre e minerali di vario genere.

Leggendo i versi bergeriani mi sembra di riuscire a scorgerlo avere tra le mani pezzi di mondo scrostati, spigolosi ammassi di roccia, filamenti penzolanti di radici, poi subito ricompattati e plasmati con la semplicità di uno sguardo.

John Berger non ha paura di osare.
Nelle lontane ombre dell’alba
sul lato occidentale degli alberi
che paura si diffuse
del giorno appena iniziato
con l’arrivo del sole.
(Per chi si nasconde - da "Il fuoco dello sguardo)

È una poesia che lascia spazio all’immaginazione, alla riflessione, e tronca talvolta le aspettative, rompendo la fluidità della storia.

Ma proprio lo scuotimento dal profondo dell’anima genera una trasformazione che devia dalle attese comuni.
Allora, “...che paura si diffuse”?
Osate immaginare, osate amare.

In una sua serie televisiva, “Ways of seeing”, trasmessa nel 1972 dalla BBC, dice:
“The process of seeing paintings, or seeing anything else, is less spontaneous and natural than we tend to believe”
(“Il processo di visione dei quadri, o di qualsiasi altra cosa, è meno spontaneo e naturale di quanto noi tendiamo a credere”)

Con questo Berger spiega che il nostro stesso sguardo è vincolato dall’essere tale, giacché anch’esso come una macchina da ripresa è basato su alcuni filtri e ottiche costitutivi dell’essere umano che non permettono la visione totale della realtà.

Ma poiché le cose sono silenziose sono molto più facili da manipolare e quindi essere trasformate in diverse forme d’arte. Ecco svelato il segreto della poesia!

La poesia è intercambiabilità di vita, condivisione totale del mio all’altro, rinascita continua e il poeta - minatore è tale perché scopre di avere nel profondo del suo Io qualcosa che lo accomuna agli uomini.
Una farfalla disturba un granello
quel granello un altro
finché c’è tale attrito nella polvere
che il cielo versa latte azzurro
sulle pietre che hanno concepito

Un giorno nasce
Giù per il precipite sguardo dei suoi occhi aperti
vengono condotti gli alberi.
(A Remaurian II - da "Il fuoco dello sguardo")

Mi sono avvicinata alla poesia di John Berger, in particolare a "Il fuoco dello sguardo", grazie a Riccardo Duranti, suo traduttore italiano.

Duranti era stato ospite nella biblioteca della mia scuola per presentare un suo libro di poesie e così in estate, io insieme ad alcuni amici siamo andati a trovarlo nel suo casale a Mompeo, immerso nella campagna della Sabina. Lì ci ha presentato la raccolta di poesie di Berger di cui mi sono innamorata facendomi rapire dal suo modo di scrivere e di presentare le singole parti della sua esperienza.

Dopo aver letto alcune delle poesie abbiamo deciso di creare un gruppo di noi ragazzi, accomunati dall'amore per la poesia, con l'intento di trasmettere questa nostra passione per l'arte ad un più vasto pubblico, facendo conoscere quelle figure che fanno fatica ad emergere e quelle realtà di cui non sempre si parla. Non a caso abbiamo scelto di chiamarci "Il non detto" riprendendo proprio il titolo di una delle poesie della raccolta.

Il 28 novembre 2015, “Il non detto”, per la prima volta, ha presentato “Il fuoco dello sguardo” presso una libreria dei Castelli romani in provincia di Roma con il prezioso intervento dello stesso Riccardo Duranti.

Insieme abbiamo scoperto nuove sfumature della sua poesia e più volte ci siamo posti delle domande, sul come ad esempio riesca ad accostare elementi del tutto differenti conferendo loro un senso, un filo logico. L'essenzialità dei versi fa sì che il lettore s'immerga d'impatto nella sua storia ed inizi a vedere con occhi diversi, con un'altra prospettiva.

Non scrive di luoghi comuni, stereotipi ma segue il suo pensiero che va controcorrente rispetto a quello della massa. Può generare sconcertamento e mettere in dubbio, solleticare la curiosità perché scrive di situazioni insolite, certe volte bizzarre, lontane da ciò che comunemente si potrebbe pensare; non è da tutti infatti associare una trota ad una montagna, o la luce ad un chiodo martellato... Insieme abbiamo discusso sulle poesie, dandone ognuno una personale interpretazione, convinti che sentire più voci apre nuovi spazi entro cui muoversi.

Alcune poesie offrono una maggior consapevolezza sulla realtà, altre inducono a domandare.
Il poeta - minatore presenta la sua esperienza, rivelandola per come è, nuda, spoglia senza edulcorazioni.
qui
la notte è tempo dimenticato
l'alba eterna
e nel freddo sogno
                    di come il pino
                    ardeva
                    come la lingua d'un cane
                    dietro le zanne
(Fabbrica - da "Il fuoco dello sguardo")

John Berger. Il fuoco dello sguardo” curata e tradotta da Riccardo Duranti.  Casa editrice “Coazinzola Press”.













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