15 giugno 2015

“Due libri di Fulvio Roiter fotografo” di Gianni Quilici




Vado nella libreria caffè della città. Ordino un latte caldo e scelgo un libro. Un libro di foto di Fulvio Roiter, da poco uscito.
Fulvio Roiter l’avevo mentalmente classificato tra i fotografi “estetici”, poi dirò perché, relegandolo tra i fotografi minori.
Apro il libro, sorseggio il latte e mi do un compito: per ogni immagine cercare un nome il più sintetico possibile seguendo una stessa banale proposizione, ossia: “Foto come…”, senza pensarci troppo, perché ho poco tempo di fronte a me. Giocare, insomma, come spesso si fa, in TV o sui giornali, perché non si ha tempo da perdere, si deve essere veloci e sintetici, il pubblico-spettatore può cambiare canale.

Ecco alcune di queste definizioni, slegate dalle foto stesse.
Foto come grafica, come contrasto cromatico, come attimo che se ne andrebbe, come scomposizione e ricomposizione, come luce pronta a esplodere, come lavoro, come arte della natura, come prateria onirica, come geometria, come sbuffo, come apparizione, come ingenuità del sorriso, come arcaica fantasia, come involucro affettivo, come nudità plastica, come giocosità, come felicità dello sfondo, come malinconia, come foto verità, come increspature, come luce acquea, come dettaglio dorato, come visione sognante, come felice perdizione, come felicità del colore, come eleganza dello spettacolo, come realismo astratto, come iperrealismo, come memoria della storia, come quotidiano vivere, come ritualità, come statue viventi, come cogliere al volo bellezza, come rivedere ciò che si vede spesso, come stupefazione, come universo…
Sintesi finale: un libro di foto che mi ha convinto e coinvolto molto.




Nella mia libreria trovo dopo un libro di Roiter, letto, ma di cui mi ero dimenticato anche la presenza  Fulvio Roiter fotografo, con un saggio introduttivo di Alberto Moravia. Leggo il saggio.  Rimango stupito. Moravia introduce Roiter criticando, in modo chiaro e affettuoso, il punctum di Barthes, di cui parla nel libro La camera chiara, molto citato quando si discute di fotografia, 

Scrive Moravia:
“Roland Barthes, nel suo saggio sulla fotografia La camera chiara fa una affermazione che è l’esatto contrario della mia. La fotografia non gli interessa per contemplarla studium, ma per soffrirne punctum. In altri termini gli interessa a partire dal momento che cessa di essere insignificante e lo colpisce o meglio lo punge con un significato. Che dire di questo punto di vista? Direi che è sociale e affettuoso (Roland Barthes, un po’ come Proust, vuole recuperare il passato) ma che non è veramente contemplativo, giacché si può contemplare soltanto ciò che è irriducibilmente misterioso”.                                                                      

Ora queste considerazioni di Moravia mi paiono, forse meno suggestive, ma più profonde e convincenti di quelle del grande semiologo francese, ma su questo ci ritornerò in un’altra occasione. Mi chiedo, invece, quando verranno raccolti questo e molti altri interventi che Moravia ha scritto, oltre che introduzioni a libri,  su riviste e quotidiani. Me lo chiedo, perché Moravia può essere discutibile come tutti, ma le sue osservazioni sono sempre interessanti e spesso originali e sorprendenti.

Sfoglio e leggo poi il libro di Roiter, che è diviso in sei sequenze di 12 foto ciascuna: l’acqua, la terra, il paesaggio, l’uomo, l’architettura, il villaggio. Alla fine di ogni sequenza, Fulvio Roiter fornisce il massimo di informazione possibile, sulla sorta di appunti che egli stesso prende lavorando. Informazioni non solo tecniche, ma espressive, che raccontano i tempi e le attese, i rischi e le scelte, i tentativi fatti prima dello scatto, lo scatto principe.

 Le foto sono formidabili, perché la ricerca della bellezza delle immagini, nella scelta del soggetto da inquadrare, nella luce e nei contrasti, diventa allo stesso tempo grandezza del senso. Certo Roiter è un esteta, ama il bello e la perfezione, ma questa ricerca non è mai fine a se stessa; produce, come osserva Moravia, un senso di mistero per la complessità e gli echi che sottende.

Fulvio Roiter. Infinita passione. Electa.

Fulvio Roiter fotografo con un saggio di Alberto Moravia. Dagor Books.

Nessun commento: