04 marzo 2015

"Maria Pascoli. La signorina di Castelvecchio" di Sara Moscardini - Pietro Paolo Angelini,


La presentazione del libro con gli autori

Luci e ombre 
della Signorina di Castelvecchio

di Luciano Luciani

Un libro interessante, questo Maria Pascoli. La signorina di Castelvecchio nel senso più ampio: che può, cioè, interessare molti, lettori semplici e addetti ai lavori, studiosi di letteratura e amanti del genere biografico.
Un lavoro che emancipa, finalmente, dal peso ingombrante del grande fratello Giovanni, la “candida soror”, Maria, e la restituisce al lettore con le sue luci e con le sue zone d’ombra nella sua più piena umanità. E questo in virtù di una originale lettura delle fonti (giornalistiche, d’archivio, epistolari, diaristiche, testimonianze orali, letterarie, che mettono Maria, il suo tempo, i suoi luoghi, le sue relazioni, al centro della ricerca e dell’interesse degli Autori. Si evita, così, quanto è avvenuto finora: ovvero l’annichilimento di Mariù e la sua trasformazione in una nota a piè di pagina di una più ampia vicenda biografica e letteraria: quella di Giovanni Pascoli uno dei massimi autori italiani del passaggio tra Ottocento e nuova letteratura.
In queste pagini di Sara Moscardini e Pietro Paolo Angelini, dunque, il focus è su Maria, riguardata con rispettoso affetto, ma senza nulla tacere del suo carattere spigoloso, della personalità decisionista, dai modi direttivi fin quasi autoritari, di certe sue sconcertanti secchezze e aridità emotive: la sua figura e la sua storia risultano, comunque, assai alleggerite dal peso di chiacchiere, maldicenze, leggende paesane, ricostruzioni capziose che, diversamente rivisitate dagli Autori, ci appaiono ampiamente riportate a misura e restituite a una più verosimile, e senz’altro meno malevole, dinamica di affetti familiari e private emozioni.
Altra metà del “nido” prima, sacerdotessa poi della memoria del fratello, Mariù emerge da queste pagine come “una figura forte e conscia delle proprie capacità e dei propri mezzi” che vuole imporsi come interprete universale e ufficiale della eredità letteraria, morale e umana di Giovanni. Esecutrice unica del suo lascito, Maria è la, sacerdotessa dei riti e della religione pascoliana, fermamente intenzionata a erigere al fratello “un monumento più duraturo del bronzo”. Quindi non esita a prendere decisioni difficili: la tomba di Giovannino  assolutamente voluta a Castelvecchio contro la volontà dei familiari e dei sanmauresi, o la vera e propria campagna di annientamento nei confronti di quanti, a suo parere, in qualche modo oscurassero la fama e la grandezza del fratello. È il caso della vertenza aperta già nel 1913, a meno di un anno dalla morte di Giovanni, nei confronti di Luigi Morandi, senatore del regno e accademico, che, sia pure in maniera discreta, aveva sollevato nei confronti di Giovanni, l’accusa di plagio a proposito di un’antologia scolastica. Ora, al di là dell’esito di questa causa che vide Maria sconfitta dopo tre gradi di giudizio e condannata al pagamento delle spese processuali, quello che colpisce è l’animus pugnace di questa donna che non esita a entrare in rotta di collisione con un personaggio di tutto rilievo dello establishement politico-culturale e accademico del tempo.
Più fortunata, invece, la causa per la rescissione del contratto con la casa editrice Zanichelli e il passaggio dei diritti alla nuova casa editrice emergente, la Mondadori.
Tra la prima e la seconda vertenza, Mariù aveva saputo tessere utili, proficue, importanti relazioni col nuovo regime fascista. E queste dei rapporti col fascismo sono tra le pagine più significative del libro. Che, abbiamo già detto, non è un’agiografia e quindi non nasconde le simpatie di Mariù per il “fascismo regime” che garantiva ordine e regole, mentre, probabilmente, la sua anima conservatrice non aveva apprezzato il fascismo movimentista delle violenze e della marcia su Roma.
I suoi rapporti furono più che altro personali, ovvero con le persone, ai più alti livelli: con Mussolini e con Giuseppe Bottai, ministro della Educazione nazionale: al centro dei suoi interessi l’edizione nazionale delle opere di Giovanni e la realizzazione dell’Asilo intitolato ai genitori del poeta: una vexata quaestio, questa che si trascinò per anni anche per l’opposizione, vera o presunta, a quel progetto del podestà di Barga, Stefani. Che si concluse con un atto di forza di Maria, che di fronte agli ostacoli, si rivolse direttamente a tutti i ministri interessati, dai Lavori Pubblici, all’Istruzione, senza tralasciare Sua Eccellenza, il Capo del Governo, Benito Mussolini, a cui lo accomunava la comune origine romagnola; la modestia delle condizioni iniziale, il socialismo, che era stato la culla ideale giovanile tanto di Giovanni quanto, e ben più, di Benito. Né i nostri Autori tacciono del maldestro tentativo, operato non si sa da chi, né quando - ma possiamo ipotizzare nell’immediato dopoguerra - di ripulire le carte di Maria dalle testimonianze ritenute, a torto o a ragione, le più compromettenti della relazione tra la “candida soror” e il fascismo.
Intanto si avvicinava la guerra che doveva segnare in maniera indelebile lo spirito della donna. Che sempre più sola, isolata, conduce una vita ormai quasi eremitica, scegliendo di non allontanarsi da Casa Pascoli neppure quando quell’area si trasformò in una pericolosa “terra di nessuno” contesa da tedeschi e alleati, adottando, anche per gli anni successivi al conflitto, uno stile di vita privo di ogni comodità, senza corrente elettrica, senza acqua corrente, attendendo al suo lavoro più importante, la biografia intitolata Lungo la vita di Giovanni Pascoli, copiando e ricopiando pagine su pagine, guardando con diffidenza anche la stessa macchina per scrivere. Mariù si spense ultraottantenne nel 1953, nei primi giorni di dicembre, coerente e fedele con l’intera sua esistenza, lasciando un testamento che affidava tutto il patrimonio culturale, morale e umano di Casa Pascoli alle istituzioni barghigiane, in un gesto che, scrivono gli Autori “è il suo più grande atto d’amore per il fratello, per il “nido” e per lo stesso borgo di Castelvecchio,.
E questo libro, che ne rinnova utilmente la memoria sine ira et studio, conferma, ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, il legame profondo tra “la valle del bello e del buono” e Maria Pascoli, la signorina che generazioni di bambini che hanno frequentato l’asilo, da lei testardamente voluto, ricordano come “buona, affettuosa e con le mani colme di caramelle e zuccherini”.

Sara Moscardini - Pietro Paolo Angelini, Maria Pascoli. La signorina di Castelvecchio, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2014  



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