08 maggio 2014

"I fogli del capitano Michel" di Claudio Rigon



di Luciano Luciani 

Sempre più prossimo il centenario dello scoppio della Grande Guerra con tutto il suo carico di ricordi. Militari, politici, civili: ragioni e responsabilità degli uni e degli altri, protagonisti e comprimari, eroismi e viltà… Finalmente l’ anno anniversario di una vicenda epocale che permetta la realizzazione di una memoria condivisa? Probabilmente no, perché giunge sullo scenario di un’ Europa sempre più sul punto di smemorare le motivazioni ideali della sue solo relativamente recenti unità e concordia, in nome di riaffioranti nazionalismi e micro nazionalismi che rischiano di avvelenare il futuro del continente.

Un sicuro antidoto a una tale deriva ce lo offre un libro, un piccolo libro, un testo particolarissimo pubblicato alcuni anni fa. Si intitola I fogli del capitano Michel e l’ha scritto Claudio Rigon, vicentino, docente di fisica alle scuole superiori, appassionato di fotografia e di montagna.

Tutto parte dalla decisione dell’Autore di documentarsi su alcuni luoghi della Grande Guerra: quelli del monte Ortigara, sul margine settentrionale dell’Altopiano di Asiago, là dove, nel giugno del 1917, si combatté “una grande battaglia, terribile e inutile: venticinquemila fra morti e feriti e dispersi gli italiani (era stata una nostra offensiva) novemila gli austriaci, un nulla di fatto”.

Rigon è nato nel 1948, appartiene, quindi, alla prima generazione di italiani che ha evitato il triste destino di essere mandato in guerra ad ammazzare e a farsi ammazzare: per questo, forse, quel conflitto e i luoghi delle sue battaglie esercitano su di lui, vicentino, una particolare fascinazione. Perché Vicenza nella Grande Guerra era nelle immediate retrovie, perché quelle vicende hanno lasciato tracce durature nella memoria collettiva e nei racconti degli uomini appartenenti a un tempo appena precedente il suo: “Mi venne voglia di cercare immagini di quel tempo, della vita di allora lassù, ma anche semplicemente di allora. Esistevano delle fotografie fatte in quei luoghi? Sapevo che al Museo del Risorgimento di Vicenza c’era un archivio fotografico della guerra, avevo visto in passato una bella mostra allestita con grandi riproduzioni da copie originali. Decisi di andarci, di parlare con il direttore, di dirgli del mio lavoro, di chiedergli di poter consultare l’archivio. Trovai piena disponibilità. Era inverno e il mio lavoro in montagna era sospeso. Il giovedì ero libero dall’insegnamento: divenne il mio giorno al museo”. 

Qui si imbatte nelle carte della “Donazione Michel”: ovvero fotografie arrivate al Museo nel 1989 dalla nuora del capitano, la signora Giuseppina P., moglie del figlio di Michel, ovvero Ersilio Michel (1878-1955). Non un personaggio qualunque: livornese, docente di storia del Risorgimento presso l’Ateneo pisano nei decenni successivi alla Grande Guerra è autore di un testo fondamentale per chiunque si occupi di storia del Risorgimento in Toscana, Maestri e scolari nell’Università di Pisa nel Risorgimento nazionale, Sansoni, 1949.

Ecco il libro di Rigon nasce così: passeggiate lungo luoghi aspri e brulli dell’Altopiano di Asiago, la suggestione, la fascinazione che quei luoghi ancora conservano per essere stati teatri di vicende tragiche e dolorose; l’incontro con le carte Michel.

Rigon non è solo un uomo di scuola, è uno scienziato, ha una formazione scientifica: quindi si mette al lavoro con rigore, con metodo, sistematicamente per sette anni, dal 2001 al 2008. Riordina quelle carte, un giovedì dopo l’altro, 257 fonogrammi, scritti a matita, qualcuno a penna, che vanno dalla fine di giugno alla fine di luglio del 1916.
Li riordina, li legge, cerca di interpretarne i sensi profondi: si sforza di andare oltre le parole per recuperarne senso, direzione e significato… E ne viene fuori questo libro straordinario, fuori dai generi, fuori dagli schemi, duro e tagliente come le rocce di quell’altopiano.

Un libro che senza enfasi di nessun tipo – nessuna retorica guerriera, nessuna foga pacifista – restituisce la guerra alla sua vera natura: un’opaca routine il cui fine è produrre distruzione e morte; un quotidiano tragico di normalità deviata e brutalizzata. 

La guerra è sporcizia, freddo, paura, orrore, tradimento. Tradimento e raggiro. Morte (quindi, morti!). Le perdite sono sempre alte, altissime: ferite, carni violate, corpi fatti a pezzi… In alcuni fonogrammi ci si lamenta, ci si preoccupa in maniera quasi ossessiva delle diserzioni, del pericolo che esse rappresentano per l’esempio che danno e per il morale delle truppe. Mai nessun eroismo, pure quando c’è. La guerra è diseroicizzata; prevale, invece, un aspetto mediocremente burocratico/amministrativo: ordini, contrordini, elenchi, appelli e contrappelli, contabilità dei morti, dei feriti, dei dispersi come se tutto si svolgesse in un ufficio. Un crudo reportage a più voci sulla guerra e dignità militare, un instant book in direzione di un passato centenario. Un libro utilissimo qualora la storia si decidesse di scriverla e studiarla in modo più vero e aderente alla realtà.

“Ciò che traspare di quella colossale carneficina non è il pathos brutale, ma la banalità… il dolore è solo un imbarazzante effetto collaterale di cui nessuno parla.

Dopo il lungo Ottocento dominato dalle idee di pace e progresso economico, con il primo conflitto mondiale inizia quella che alcuni storici definiscono la “guerra civile europea” magmatico intreccio di tradizionali conflitti tra Stati, rivoluzioni, guerre civili e di liberazione, genocidi e brutalità derivate da contrasti politici, nazionali e di classe. 

La Grande guerra” - scrive uno storico contemporaneista, Enzo Traverso - - “si configura come una cesura storica che spezza la continuità delle esperienze di vita e trasforma il paesaggio mentale delle società europee”. Un’affermazione dimostrata da questa raccolta di messaggi, la “scatola nera” di un mese della vita di un battaglione di alpini rimasto quasi senza ufficiali. Una storia di guerra, una storia lontana i cui protagonisti giovani e giovanissimi soldati e ufficiali, molti dei quali, destinati a morire in trincea e fra i reticolati, sembrano vogliano dirci di sé qualcosa d’importante, qualcosa di fondamentale rimasta ancora in gran parte inespressa, in gran parte incompresa.



Claudio Rigon, I fogli del capitano Michel, Einaudi, To 2009, pp. 201, Euro 13,50



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