04 novembre 2013

"Storia della masturbazione" di J. Stengers e A. Van Neck



Autoerotismo: 
storia di un’ossessione

di Luciano Luciani

La storia millenaria della Chiesa ha conosciuto di tutto: l’eroica resistenza, con le conseguenti persecuzioni, al potere politico e l’alleanza con esso; la faticosa definizione di una gerarchia; scismi e Concili, eresie e antipapi… Sorprende, quindi, che all’interno della comunità dei credenti in Cristo, nel corso dei secoli, sia stato possibile dedicare tante delle proprie energie e intelligenze allo sforzo di confinare nella sfera dell’immoralità ogni manifestazione sessuale. Non c’è santo, Padre o Dottore della Chiesa che a questo aspetto della condizione umana non abbia riservato almeno una parte della propria riflessione e del proprio agire con l’obbiettivo di contrastare e condannare l’erotismo, non disdegnando talora di ricorrere anche alla repressione e al terrore. Nella perenne tensione della Chiesa a regolare e uniformare tutte le emozioni umane, anche le più private, le più intime, quindi quelle che attengono alla sfera della sessualità, ritornano ossessivamente soprattutto due comportamenti da normare e punire: la mollicies e il vitium sodomiticum.

Per una trattazione del secondo e della sua percezione nelle leggi e nel senso comune, rimandiamo alla sempre più fitte e documentate pubblicistica e letteratura di orientamento omosessuale. Per quanto attiene invece alla mollicies, ovvero la masturbazione, e l’ ossessione che essa ha costituito per legioni di teologi e moralisti, igienisti e psichiatri, questa Storia della masturbazione, opera di due serissimi storici della Libera Università di Bruxelles, rappresenta davvero “un quadro completo, esauriente, inquietante dei cambiamenti sociali, di come il corpo e il piacere siano stati il terreno di scontro e di incontro di ideologie, presunte concezioni mediche mai realmente documentate, visioni apocalittiche collegate alla religione” (Mazzuccato).

Chiunque compia la polluzione volontaria all’infuori del matrimonio, chiamata dai teologi mollities, pecca contro l’ordine naturale… La polluzione volontaria e compiuta in stato di veglia, tramite la manipolazione degli organi sessuali, l’evocazione di fantasie voluttuose, i cattivi discorsi o le conversazioni con donne o uomini, la lettura di libri impudichi o tramite qualunque altro mezzo, è peccato mortale.

Affermazioni siffatte le ritroviamo nella Somme des pechez, scritta nel 1584 del francescano francese Benedicti e rimandano al rigore controriformistico di una Chiesa profondamente coinvolta nel progetto radicale di una santificazione della vita quotidiana di tutti, su cui impegnare allo spasimo le autorità religiose e richiamare con intransigenza quelle civili.

La masturbazione è contra naturam e, come tale, condannata, un secolo dopo l’altro, dal fior fiore dei teologi morali: peccato contro natura per il domenicano Tommaso d’Aquino è la polluzione “che avviene senza unione carnale, per ottenere il piacere dei sensi”; “abominevole purulenza” la giudica Jean Gerson (1363 – 1429) teologo transalpino, filosofo e mistico, Doctor Christianissimus, che s’interroga in maniera accorata su come estirpare dall’animo dei fanciulli “quel peccato detestabile che chiamano mollities”. Per lui il peccatum molliciei fin dai più teneri anni non è colpa da sottovalutare: “anche se, per via dell’età, non è stato seguito da polluzione… ha distrutto la verginità di un bambino più che se questo, alla medesima età, avesse frequentato le donne”. Contro natura lo considera anche sant’Antonino da Firenze (1389 – 1459), il “campione della serietà”, arcivescovo di Firenze, teologo tardo scolastico e letterato. Un giudizio ribadito in pieno Rinascimento laico e libertino anche dal Cardinal Caetano (1469 – 1534), generale dell’Ordine domenicano e consigliere papale: le manipolazioni e l’eiaculazione volontaria costituiscono un peccato mortale.

Una condanna radicale che veniva da lontano e affondava le sue radici nientemeno che nella Bibbia, nella parola divina. Nella Genesi (38, 6-10), infatti, leggiamo che:

Giuda prese una moglie per il suo primogenito Er, la quale si chiamava Tamar.Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il Signore lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: “Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità per tuo fratello”. Ma Onan  sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui.
Dunque, Onan non vuole dare a Tamar un figlio perché, secondo il Levirato, (consuetudine ebraica secondo la quale se un uomo sposato moriva senza figli, suo fratello o il parente più prossimo doveva sposare la vedova), il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del defunto. Preferisce, allora, masturbarsi o, come sostengono i più, praticare il coitus interruptus. Fatto sta che, in entrambe i casi, disperde il seme, contravvenendo, così, al disegno divino della discendenza. Un peccato gravissimo agli occhi del Dio giudaico che non esita a colpire Onan nel bene stesso della vita, la stessa che il secondogenito di Giuda aveva negato al figlio potenziale e mai nato.

A questo passo dell’Antico Testamento si era aggiunto, poi, san Paolo (5 – 67), il fondatore del Cristianesimo come religione universale, che in passo della prima Lettera ai Corinzi (6, 9-10) così aveva ribadito: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati (molles), né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio”. Molles, coloro che si dedicavano alle mollities.

È così che si aprì la caccia ai mastupratores, responsabili di un crimine enorme e orrendo. Una contrapposizione frontale alle mollicies che ha impegnato per secoli generazioni di confessori ed educatori, medici e tuttologi e che solo in tempi recenti, la seconda metà del secolo scorso, appena ieri, sembra aver perso la sua virulenza. In mezzo duemila anni di reprimende e sensi di colpa, frustrazioni e angosce, senza escludere rimedi radicali tra il bizzarro e l’atroce: per gli uomini, salassi, cinti antimasturbazione, legacci; per le donne, l’infibulazione e la clitoridectomia. Percepito, l’onanismo, come molto più maligno e rovinoso del coito e perfino degli eccessi con le donne: perché quello è guidata dall’immaginazione (che, si sa, è sempre pericolosissima!), questi sono figli di impulsi naturali e facilmente riconducibili a luoghi deputati, i bordelli, separati ma controllati, segregati ma sorvegliati dal potere, sia civile sia religioso.

E tra gli avversari conclamati dell’autoerotismo tanti che davvero non ci saremmo aspettati. Per esempio, Kant, il pensatore ai vertici del pensiero europeo tra il Secolo dei Lumi e il Romanticismo: “Niente indebolisce di più lo spirito e il corpo quanto quel genere di voluttà che si soddisfa da sé e che contrasta tanto con la natura umana” (Trattato di Pedagogia, 1803); anche Rousseau, il filosofo del sentimento della natura, non scherza: “quella terribile abitudine, la più funesta cui la gioventù possa mai soccombere”. Durissimo in materia il barricadiero Proudhon: “Un vizio vergognoso che decima la gioventù. Tolstoj nella Sonata a Kreutzer racconta come in collegio, a sedici anni, pur senza aver mai conosciuto una donna, pure avesse cessato di essere innocente: “La mia solitudine era impura. Soffrivo come soffre il novantanove per cento dei nostri ragazzi, provavo orrore, penavo, pregavo e ricadevo… Mi autodistruggevo”. Per Emmanuel Mounier “L’attività masturbatrice è un’attività deviata dal suo fine e privata della disciplina della realtà. Chi ne diventa schiavo agisce ormai senza scopo… la sua volontà è rovinata. La sua vita affettiva è dominata dalle componenti infantili, egoismo e violenza distruttrice… Mescola un brutale cinismo a una morbosa timidezza”, mentre lo scrittore antitotalitario ungherese Arthur Koestler non va oltre l’idea di contrapporre all’autoeroismo, inteso come “malattia”, una “cura” fatta di igiene, alimentazione appropriata, un sano esercizio fisico. Per non parlare di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, sospettosissimo nei riguardi della masturbazione, che, a suo parere, comporta ogni genere di negatività: disordini nevrotici e nevrastenia, un’alterazione della normale potenza sessuale, la trasformazione del carattere un allentamento dei legami dell’individuo con gli altri una prevalenza della vita immaginaria sulla realtà, un mantenimento della condizione infantile…

Una lettura colta e avvincente, un ottimo antidoto contro la stupidità umana travestita da verità scientifica.



J. Stengers – A. Van Neck, Storia della masturbazione, prefazione di Francesca Mazzuccato, Odoya Bologna, 2009, pp. 237, Euro 16, 50

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