01 marzo 2013

"Dal Gene al Genio “Flusso d’incoscienza per Carmelo Bene" di Luciano Fusi



di Luciano Luciani


Un dolore solitario e ineffabile


                        Continua il serrato, e fecondo, corpo a corpo tra Luciano Fusi e i Grandi Visionari, artisti e non solo, dell’Otto/Novecento. Così, dopo essersi confrontato con Pier Paolo Pasolini, e Dino Campana, Arthur Rimbaud ed Ernesto Che Guevara, senza dimenticare Leopardi e Van Gogh, il poeta toscano, privo di complessi d’inferiorità ma anche senza arroganza, si cimenta con Carmelo Bene, drammaturgo e attore, regista e poeta, oggetto di clamorose polemiche in vita fin dagli esordi, e, una volta scomparso, universalmente ritenuto uno degli artisti più eclettici e innovativi nella storia del teatro mondiale. Fusi, uomo di teatro a sua volta, ne assume la discussa e controversa figura (chi non ricorda le accuse rivolte all’artista salentino di essere solo un “affabulante ingannatore” e un presuntuoso “massacratore di testi”?), rivisitandola, con simpatia piena d’amore, alla luce della propria poetica.

E, anche in questa occasione, si compie il miracolo di una sintonia mimetica, di un’identificazione creativa, di una corrispondenza tanto piena quanto capace di d’autonomia e d’invenzione. Merito, direi, soprattutto del particolarissimo e originale lessico poetico di Fusi, quella cifra distintiva di un’esperienza umana e artistica, a cui il poeta che viene dalla profonda provincia toscana, ci ha abituato fin dal suo felice esordio con Rivolte di passione nel 1986. Densa, vischiosa, fino a risultare quasi materica la sua parola poetica, che, con la violenza espressionista che gli è propria, è, quant’altre mai, in grado di evocare le dure lotte sostenute da Bene contro il naturalismo teatrale e la drammaturgia borghese, le sue feroci polemiche nei confronti di una visione convenzionale del teatro, contro il testo “spazzatura” , contro gli attori “imbonitori” e “intrattenitori”. A loro si contrappone la condizione del Genio e al loro teatro l’”irripetibile teatro” di Carmelo Bene: per Fusi “l’unico vero esempio di energia artistica tra la terra e l’immensità di una probabile condizione divina”.

Scritto per essere recitato in teatro, Dal gene al genio “Flusso d’incoscienza” per CARMELO BENE, Polistampa. 2012, si avvale di una predilezione per immagini cupe, in ombra da cui far nascere, improvvise, la lacerazione e la rottura, lancinanti, l’urlo e il vuoto: “Io cerco il vuoto” scriveva Bene “che è la fine di ogni arte, di ogni storia, di ogni mondo”. Una concezione artistica ed esistenziale sul limite. Della comprensione e delle parole per dirla.

Fusi, poeta di razza, le ha cercate, queste parole, nelle profondità del suo cuore. Le ha trovate, le ha scritte e ce le partecipa in questo piccolo libro che è un grande, personalissimo omaggio al genio, a un Genio: alla sua solitudine, al suo incommensurabile e ineffabile dolore.

Luciano Fusi, Dal Gene al Genio “Flusso d’incoscienza” per Carmelo Bene, Edizioni Polistampa, Firenze, 2012, pp. Euro 5,00

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