09 febbraio 2013

"La musica è un tutto" di Daniel Barenboim



di Maddalena Ferrari

E’ uno di quei libri nati senza un intento di costruzione organica; è una raccolta di testi di varia natura.

Si suddivide in tre sezioni: Occasioni: 4 brevi saggi, il discorso in occasione del conferimento del Premio “Willy Brandt”, il discorso ufficiale per il novantesimo anniversario del Festival di Salisburgo; Conversazioni: 4  conversazioni a cura del musicologo Enrico Girardi: sulla West-Eastern Divan Orchestra (e altro), su “Carmen”, su “Die Walkure”, su “Don Giovanni”; Epilogo : In memoria. Dietrich Fischer-Dieskau, Epilogo verdiano. 

Tuttavia, pur nella sua eterogeneità di forme e di argomenti, oltre ad offrire una lettura sempre interessante e godibile, comunica “un tutto”, proprio come l’autore dice che è la musica, e questo tutto è un rapporto con la musica che è il rapporto con la vita, nel senso che l’esperienza è dentro la musica e a sua volta questa è dentro il pensiero e l’azione, la morale e la politica. Quindi nessuna rinuncia di vita è richiesta dalla musica.

Nel libro sono essenziali tre contenuti. In  primo luogo, l’approccio filosofico con la musica; non per niente “Etica ed Estetica” è il titolo del primo saggio, il più lungo.
La musica è un processo di conoscenza, dove si mettono in gioco lo studio, la comprensione del fatto musicale e la consapevolezza di sé. Essa quindi comporta una scelta etica, una scelta di sincerità. “Eseguire capolavori è il lavoro di una vita e comporta la responsabilità, direi quasi l’obbligo morale, di un’applicazione totale.” Cosa che non deve significare l’annullamento di sé; solo che l’interprete ha l’obbligo di “ricreare l’opera con sincerità e dedizione, non di esprimere la propria personalità”.

Eseguire musica è un processo sempre in divenire: presuppone ricerca, scoperta, riflessione, emozione ed anche l’impatto contingente con il pubblico in una sala. Non ha molto senso chiedersi quale differenza ci sia tra un’esecuzione di oggi e quella della stessa opera di, mettiamo, un anno fa: l’esecuzione è hic et nunc. Ma, al tempo stesso, è una realtà in fieri. Tale convinzione pone Barenboim in netto contrasto rispetto a quegli interpreti, che cercano la perfezione assoluta nell’uso delle più sofisticate tecnologie nelle sale di registrazione e ci dice che per lui la musica è un corpo vivo, sacro.

 Dalla musica Barenboim afferma di aver imparato l’importanza di associare idee e ambiti diversi e ciò è l’opposto del processo di specializzazione, che parcellizza la conoscenza; un brano musicale è infatti un tutto organico, dove ogni aspetto –melodia, armonia, ritmo e così via- si relaziona all’altro; ed anche la necessità di conciliare esigenze immediate e strategia lungimirante.

Questa affermazione si lega al secondo contenuto del libro: il dramma, vissuto personalmente, del conflitto israelo-palestinese, a cui l’autore non perde occasione di fare riferimento, riflettendo sulla sua natura, sulla situazione attuale e sugli sbocchi auspicabili. Egli è convinto che si tratti di uno scontro tra uomini, tra popoli, le cui ragioni vanno al di là delle questioni politiche vere e proprie; e che, se la politica deve intervenire, può farlo solo conformandosi all’esempio di un grande statista come Willy Brandt e cioè agendo sulla base di tre qualità essenziali: lungimiranza, strategia e coraggio.

La West-Eastern Divan Orchestra, fondata dal Maestro e da Edward Said nel 1999 e formata da giovani musicisti israeliani e arabi, anche se non ha gli strumenti per operare per la pace, è uno strumento di conoscenza, contro le soluzioni false e illusorie. Non può influenzare i politici, ma vuole creare un piccolo modello di società, con valori diversi rispetto alla realtà esistente. E’ un esempio di come, attraverso la musica, possiamo capire il valore di esprimere se stessi, ascoltando gli altri, e di come organizzare la musica e la strutture che la producono abbia a che fare con le scelte, anche politiche.

Il terzo contenuto del libro è la trattazione della musica e dei musicisti: l’analisi dello spessore e della profondità, della lettura e dell’interpretazione, della resa del discorso musicale e della sua agonica, senza dimenticare un giudizio di sintesi. Barenboim ci parla degli artisti, che hanno particolarmente segnato la sua vita musicale, come Mozart e Wagner ( con il quale ha modo di tornare sul tema di Israele) e delle loro opere, rappresentate nelle ultima stagioni alla Scala; e anche della “Carmen”, di Verdi, del grande baritono Dietrich Fischer-Dieskau, recentemente scomparso. Se il discorso manca di organicità, non per questo vengono meno la competenza e la gradevolezza

Daniel Barenboim. La musica è un tutto. Etica ed estetica. Feltrinelli. Pp 121. 

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