20 ottobre 2010

"Il violinista perduto: Gaetano Brunetti" di Luciano Luciani

Personaggio davvero misterioso, questo Gaetano Brunetti!

A partire dalle sue origini, dal luogo e dalla data di nascita. La maggior parte degli storici della musica lo fanno suddito pontificio, nato a Fano intorno al 1740, (nel 1744 per altri) da uno Stefano Brunetti e una Vittoria Perugini originaria di Perugia come, appunto, sembra suggerire il nome: in passato, però, non sono mancate voci dissonanti che lo hanno voluto toscano, pisano per l’esattezza.

Allievo del livornese Pietro Nardini, ritenuto il maggior violinista del suo tempo, che a sua volta aveva studiato presso il celeberrimo Giuseppe Tartini, a partire dal 1762 lo ritroviamo a Madrid, preceduto dalla fama di un precoce talento che venne messo subito alla prova con un pezzo per le musiche di scena di una commedia di Garcia del Castanal. Ad attirarlo, un rinnovato clima civile decisamente orientato in senso riformatore e liberale dopo l’ascesa al trono spagnolo di Carlo III e gli intensi legami che la nobiltà borbonica aveva saputo mantenere con la cultura europea, soprattutto quella musicale.

E’, Gaetano Brunetti, uno dei numerosi artisti italiani intenzionati ad approfittare della tradizionale ricchezza di opportunità offerta dalla corte madrilena ai musicisti di successo: non si dimentichi che qui, solo pochi anni prima, avevano trovato ospitalità, successo e le condizioni necessarie ad esprimere il proprio genio il noto Farinelli e l’ altrettanto famoso Domenico Scarlatti che era vissuto per ben ventotto anni alla corte di Madrid per morirvi nel 1757.

UN APPREZZATO PROFESSIONISTA DI SICURO AVVENIRE

Nel 1767 il giovane Brunetti è nominato dodicesimo violinista della Cappella Reale, (una posizione che sta a indicare non tanto l’abilità musicale, quanto piuttosto l’ anzianità di servizio) e in questa orchestra trascorse l’ intera sua esistenza, conoscendo, poco per volta, una sicura affermazione professionale. Ricordiamo che in quello stesso anno iniziò a insegnare il violino al re Carlo III e musica a suo figlio, il principe delle Asturie, il futuro Carlo IV. Ed è proprio a questa attività di docente che vanno fatti risalire la maggior parte della sua produzione di Divertimenti e Sonate: uno per due violini; 5 per violino e viola; 23 per violino, viola e violoncello. 58 sonate per violino e basso; una per viola e, sempre riferibili a questa pratica didattica, non vanno dimenticati i 13 adagios glosados, ovverosia adagi “chiosati”, forniti, cioè, di tutti gli abituali decori musicali scritti per esteso.

A partire dal 1771 divenne quello che potremmo definire il principale ‘fornitore musicale della Real Casa’ per gli intrattenimenti estivi della corte ad Aranjuez, presso Toledo e a tale scopo scrisse marce, galop, gavotte, minuetti e contraddanze: una generosità artistica, la sua, che fu premiata qualche anno più tardi, nel 1779, con l’incarico ufficiale di direttore delle esecuzioni.

Insomma, fin dai primi anni della sua permanenza il Spagna, Gaetano Brunetti dà prova, oltre che di una sicura competenza musicale, anche di una grande abilità ed intelligenza nel muoversi tra gli infidi ambienti, artistici e aristocratici, che in parte facevano riferimento, in parte ‘facevano fronda’ nei confronti della corte madrilena. Questo spiega perché tra i suoi committenti possiamo annoverare anche il sanguigno e umorale Don Luis, fratello di Carlo III e protettore di Luigi Boccherini. All’ Infante Brunetti dedicò varie raccolte cameristiche, mentre non poche arie di concerto sono dedicate alla duchessa d’Alba e a Manuel Godoy, duca d’ Alcudia, principe della Pace e accompagnatore ufficiale della regina Maria Luisa.

MADRID, 1768. ARRIVA BOCCHERINI

Un apprezzato professionista di sicuro avvenire fin da subito, dunque, il nostro Brunetti a Madrid, duramente impegnato nella lotta per il successo artistico e i relativi riconoscimenti. Immaginiamo, quindi, che il musicista di Fano non debba essere rimasto particolarmente entusiasta alla notizia che, nella tarda estate del 1768, avevano fatto la loro apparizione nella capitale spagnola i toscani Filippo Manfredi e Luigi Boccherini.

Provenivano da Parigi, una delle piazze musicalmente più ambite e difficili d’ Europa, dove i due si erano fatti conoscere per le loro memorabili esibizioni al Concert Spiritual, l’istituzione concertistica più famosa in questo scorcio di secolo: soprattutto il lucchese Boccherini, il più giovane tra i due, era emerso come un eccellente virtuoso del violoncello, capace non solo di straordinarie arditezze tecniche, ma anche di esprimere con pienezza artistica e ricchezza di novità la nuova sensibilità accorata, imprevedibile, struggente che si andava già diffondendo in Europa.

Boccherini ha venticinque anni e aspira a un impiego a corte, magari proprio presso quel principe delle Asturie che dimostrava sensibilità musicale e altrettanta larghezza di mezzi. Boccherini ce la mette tutta e nel giro di un anno l’aristocrazia spagnola può apprezzare due suoi importanti lavori: il Concerto grande a più strumenti obbligati (1769), scritto per i concerti che si tenevano nel teatro di Las Canos, durante la Quaresima e i Sei Quartetti Op. 8, a cui fanno subito seguito i Sei Quartetti Op. 9. Si tratta di due pregevoli biglietti da visita, a cui si aggiunge nell’ estate del 1769, ad Aranuez, l’esecuzione della cantata La confederazione dei Sabini con Roma, già rappresentata a Lucca nel dicembre 1765 in occasione della festa delle Tasche.

MA QUEL POSTO E’ GIA’ OCCUPATO…

Ma il posto presso il futuro Carlo IV è già occupato da Gaetano Brunetti che non ha nessuna intenzione di lasciarsi scalzare da una posizione privilegiata e faticosamente costruita. Così, nel 1770 al musicista lucchese non resta che acconciarsi presso l’ Infante Don Luis, che lo nomina “Compositore e virtuoso di camera di S. A. E.” . Una discreta sistemazione se non fosse che, per certo discutibile ed eccessivo stile di vita dell’Infante, questi, a partire dal 1776, fu prima progressivamente emarginato dalla vita di corte e poi esiliato nella residenza di La Arenas, una località distante centocinquanta chilometri da Madrid: una vicenda ancora oggi piuttosto oscura che doveva definitivamente allontanare don Luis da ogni residua aspirazione di successione al trono di Spagna per sé e per i suoi discendenti.

Boccherini, insieme con la famiglia, seguì per quindici anni, sino alla morte di don Luis, avvenuta nel 1785, la sorte del suo protettore, scontando un isolamento che, se pur doloroso sul piano umano, doveva rivelarsi invece creativo sul piano artistico. Fu qui, ad Arenas, che, secondo i biografi più accreditati, il compositore lucchese non solo non arrestò la propria straordinaria capacità di lavoro, ma, anzi, conseguì i massimi risultati della sua più matura ispirazione musicale.

Una situazione favorita destinata a venire meno nell’ annus horribilis, il 1785, quando, in un breve volgere di mesi, il compositore lucchese perse la moglie, Clementina Pelicho, originaria di Roma e il suo protettore. Mai, negli anni successivi pure fecondi e importanti, torneranno a crearsi condizioni così propizie per la sua creazione musicale e artistica.

Migliore la sorte di Gaetano Brunetti. Quando nel 1788, Carlo IV salì al trono, non dimenticò il suo maestro di musica: prima lo chiamò a far parte dei Musicisti della Camera Reale (Gaetano Brunetti al violino; Francisco Brunetti, suo figlio, al violoncello, Manuel Espinosa all’arpa e all’oboe); poi, nel 1795, gli affidò l’ incarico di dirigere l’Orchestra della Camera Reale, per cui il compositore produsse molta della sua musica.

Tanto poco conosciuto, da risultare quasi enigmatico, quanto operoso, il nostro Brunetti compose moltissimo: circa 450 pezzi, la maggior parte dei quali consiste in brani da camera scritti per essere eseguiti da e per il re, che si produceva al violino, e il suo ensamble. Oltre a quanto già indicato realizzò 33 sinfonie (la n. 9 concertante per due violini; la n. 33 detta Il Maniatico con violoncello obbligato); 6 ouvertures; 61 sestetti; 53 quintetti; 49 quartetti; trenta trii …

Gradevoli le sue linee melodiche che appaiono formate da un singolo, piccolo motivo che costituisce l’elemento strutturale di un intero movimento. Le frasi musicali appaiono equilibrate: la seconda metà di ognuna è generalmente più lunga della prima e si chiude estendendo e sviluppando l’ idea tematica.

Le sinfonie, per lo più in quattro movimenti, formano il gruppo più importante delle sue composizioni che risentono evidentemente dell’ influenza dei compositori di diverse nazionalità presenti presso la corte borbonica e di un’ accentuata predilezione per i lavori di Haydn. E siccome le preferenze del sovrano si orientavano verso lo stile dei compositori del primo classicismo, la musica del Nostro, pur nutrita di un’immaginazione davvero fuori dall’ordinario, tende ad adattarsi benissimo a questa sensibilità, collocandosi lungo la linea dei sinfonisti italiani che prendeva le mosse dallo stile galante del milanese Giovanni Battista Sammartini. Nella sua attività creativa, il compositore marchigiano, infatti, tese a privilegiare le forme classiche, modulandole, però, secondo una sensibilità già propria del primo romanticismo europeo.

UNA LEGGENDA METROPOLITANA DI DUE SECOLI FA

A Madrid Brunetti lavorò in maniera indefessa, in grande solitudine ed esclusivamente per la corte di Spagna: questo può, forse, in parte spiegare il silenzio calato su lui e la sua opera dalla seconda metà dell’ Ottocento ai nostri giorni. Il principale responsabile di questa fama incerta e appannata si può ritenere il belga Francois-Joseph Fétis, peraltro grande musicologo e didatta, autore di una monumentale Biografia universale dei musicisti e bibliografia della musica, 1873-1875, un modello della storiografia critica positivista, vera miniera di notizie, anche se non sempre esatte. E’ a lui che dobbiamo anche la leggenda di un suo difficile, anzi velenoso rapporto con Luigi Boccherini, entrambe musicisti italiani all’estero in cerca di fortuna e riconoscimenti, tutti e due legati agli stessi ambienti e alle stesse figure di protettori. Fétis accusa Brunetti della più nera ingratitudine nei confronti di Boccherini, al quale, secondo lo storico belga, il compositore marchigiano avrebbe dovuto tutto: una tesi fondata sul nulla, ma ripresa, ampliata e arricchita dal Picquot, il biografo di Boccherini.

Ma probabilmente su Fétis agivano le suggestioni di un’ altra leggendaria inimicizia, quella di Mozart e Salieri, conclusasi, secondo una notizia sicuramente infondata e calunniosa, con la morte per avvelenamento di Mozart da parte di un Antonio Salieri, geloso della grandezza artistica del rivale.

Nessun odio, ostilità o malevolenza, quindi, tra Brunetti e Boccherini. Piuttosto un’ emulazione, magari appassionata ma consueta negli ambienti artistici e ancor più eccitata dal fatto che in questo caso i due musicisti sono fedeli ai propri protettori che appartengono a settori diversi dell’aristocrazia madrilena, in polemica o addirittura in lotta fra loro. Si spiega così, probabilmente, la sinfonia n. 33 di Gaetano Brunetti, detta Il Maniatico, ovvero il maniaco, l’ esaltato, l’ invasato: la mania sarebbe quella del violoncello, lo strumento di cui era virtuoso e a cui doveva la sua fama Boccherini, che per tutto il tempo si ostina in trilli, decori e abbellimenti musicali, nonostante le sollecitazioni tematiche dell’orchestra. E’ evidente il riferimento carico d’ironia indirizzato da Brunetti ai moduli stilistici utilizzati dal rivale. Ma l’ ironia, tra artisti, è un comportamento legittimo. Altra cosa, invece, il cupo, sistematico ostruzionismo che un’ invenzione romantica vorrebbe attribuire al musicista marchigiano per frenare l’ ascesa a corte del più dotato Luigi Boccherini.

Poco sappiamo della vita privata di Gaetano Brunetti: ebbe una moglie che gli dette una figlia, sicuramente sposata quando il padre morì. Ma è anche ricordato un figlio, Francisco, violoncellista, che gli avrebbe causato non poche preoccupazioni e che gli successe come direttore dell’ Orchestra della Camera Reale. Il vecchio Stefano Brunetti, il padre, che lo aveva accompagnato nella sua permanenza in Spagna morì nel 1777 e la sua prima moglie venne a mancare nel 1797 o 1798.

Solo qualche mese più tardi Brunetti chiese al sovrano il permesso per sposare una cugina della moglie, Donna Juana del Rio. La richiesta fu accolta e il compositore la sposò in seconde nozze il 28 Novembre del 1798: ma dopo solo un mese, nel dicembre dello stesso anno, Gaetano morì.