19 giugno 2010

"La duchessa de Langeais" di Honoré de Balzac

di Maddalena Ferrari


Il romanzo, pubblicato nel 1834, nel periodo in cui Balzac concepisce l'idea di unire i romanzi già scritti e quelli ancora da scrivere nel grande ciclo della “Comédie humaine”, appartiene ad una trilogia, “Histoire des Treize”, inserita nelle “Scènes de la vie parisienne”, a loro volta appartenenti alla prima parte della “Comédie”, “Etudes de Moeurs du XIX siècle”.


Nella sua sistematicità, frutto di un approccio scientifico alla realtà dell'uomo, nelle sue diverse “specie sociali”, come lui le chiama, Balzac non manca di spiegare in una prefazione che i “Tredici” sono uomini energici, forti, che si pongono al di sopra di ogni legge; criminali, ma dotati “di alcune delle qualità che fanno grandi gli uomini”; e che comunque egli ha scelto di raccontare di questi le storie “più dolci”.


Uno di tali uomini è il protagonista de “La duchesse de Langeais”: Armand de Montriveau, ex ufficiale napoleonico, che, dopo la fine dell'impero, era quasi fuggito dalla Francia per un'avventurosa spedizione scientifica in Africa, dove, fatto prigioniero da una tribù selvaggia, era riuscito a fuggire e, ritornato a Parigi, era stato reintegrato nei gradi militari, precedentemente non riconosciutigli dal regime monarchico.


Il suo è un bel ritratto romantico, alla stregua di quelli di Julien Sorel o di Fabrizio Del Dongo di Stendhal: intelligenza, energia, determinazione, coraggio, “purezza”, mistero. Ma il personaggio, calato nella realtà sociale della Restaurazione, oggettivamente e soggettivamente soggiace alle sue regole, ne è come sminuito. E ciò che conta, nonostante la personalità forte e la passione amorosa totalizzante, sono le relazioni con l'esterno, interpersonali e sociali.


Innanzitutto quella con la donna di cui s'innamora quasi a prima vista: Antoinette de Langeais, giovane nobile, che si è sposata per calcolo economico e di casta e che non ha nessun rapporto con il marito, sempre lontano. Essa è la regina dei salotti parigini, dove è ammirata, corteggiata, invidiata. Attratta e lusingata dalle attenzioni di Armand, si lascia adorare, giocando con i suoi sentimenti, senza concedere nulla; ma a poco a poco scivola in qualcosa di simile all'amore, per poi esserne travolta, nel momento in cui si verifica un inaspettato rovesciamento dei rapporti di forza.

E' un amore tragico, che porta alla morte: per lo scontro di personalità, per i condizionamenti ideologici e culturali, per le convenzioni sociali; se vogliamo, per una questione di puntiglio ed anche per caso.


Balzac racconta, in certi momenti, in modo sintetico e avvincente, come nei romanzi d'azione, genere con cui aveva iniziato la sua carriera: ne sono esempi il flash-back dell'avventura in Africa del suo eroe ed anche l'episodio finale del rapimento di Antoinette, divenuta “suor Teresa”, dal convento sulle rocce a picco sul mare dell'isola spagnola.


In altri punti, descrive in modo minuzioso, con dovizia di particolari, ambienti e personaggi, arrivando a delle vere e proprie digressioni-analisi storico-sociologiche, come l'ampio affresco del

Faubourg Saint-Germain, dove, da un punto di vista legittimista- reazionario, quale egli è, tratteggia con lucidità e ironia il decadere di una classe e della sua funzione storica e, senza lasciarsi coinvolgere sentimentalmente, lascia capire che è la fine di un'epoca (se il romanzo è ambientato nella Restaurazione, Balzac l'ha scritto durante la “monarchia borghese” successiva alla rivoluzione del 1830).


Soprattutto l'autore descrive e racconta insieme, dilatando i tempi, l'evolversi della relazione tra i due amanti. Questa relazione vive della vita dei due protagonisti, dei loro corpi, delle loro passioni, delle loro ambizioni, dei loro condizionamenti; e vive dell'ambiente in cui essi si muovono, in quell'”atmosfera”, che li compenetra, di cui parla Auerbach, a proposito del realismo di Balzac; esso precorre il naturalismo, sennonché il romanziere è ben presente nel racconto, ne tiene visibilmente le fila, prende posizione rispetto alla realtà e ai personaggi, con distacco e un'ironia a volte mordace.


Il disincanto è la cifra stilistica della narrazione e del trattamento delle psicologie dei personaggi, i protagonisti e gli altri, che ruotano intorno a loro; psicologie strettamente correlate con le strutture fisiche dei soggetti.


Si respira in tutto il breve romanzo un senso di disillusione, quasi di sfinimento. E questo, nonostante l'intensità della situazione erotico-sentimentale, tra pulsioni, desideri, autocontrollo, rispetto delle regole, autoaffermazione e prevaricazione narcisistica.

La scrittura di Balzac è al tempo stesso aderente alle cose e densa nello spessore ideologico culturale e immaginifico dell'autore; segue ritmi diseguali a seconda dell'oggetto di cui tratta e, se può in qualche caso dare l'impressione della pesantezza, è sempre padroneggiata dallo scrittore con autorevolezza.


Honoré De Balzac. La duchessa de Langeais (La Duchesse de Langeais) traduzione di Claude Fusco Karmann. Garzanti.