18 ottobre 2009

“La metà di una vita” di V. S. Naipaul



di Gianni Quilici

Leggendo questo romanzo una sensazione:
veder emergere il protagonista Willie come da una nebulosa: senza corpo e con poca psicologia all'inizio; e lentamente formarsi, diventare corpo e psicologicamente a noi più chiaro nelle sue incertezze e contrasti.
Scelta di Naipaul, che corrisponde ad una condizione di Willie, che attraverso esperienze di luoghi e culture molto diverse trova, in qualche misura, se stesso.

Una delle forze del romanzo sono, infatti, gli ambienti che il protagonista esplora:
dapprima l'India delle caste, vista soprattutto attraverso il racconto del padre, asceta che ha fatto voto di silenzio per ribellarsi ai privilegi della propria casta, compromettendosi con una donna appartenente al gruppo sociale degli “sfavoriti”, la mamma, appunto, di Willie;
poi Londra, dove il ragazzo si trasferisce: la Londra universitaria e un po' bohémienne, la Londra dei primi tumulti razziali e dei primi (suoi) incontri letterari e femminili;
infine l'Africa colonizzata dalla dominazione portoghese feroce e paternalistica ed in cui si allarga la guerriglia anticolonialista sempre più cruda, spietata, manovrata.

Nel romanzo ci sono parti in prima persona: all'inizio quando il padre racconta al figlio ed alla fine quando Willie raggiungerà la sorella in Germania e le racconterà buona parte dell'esperienza africana.

Ed è appunto il protagonista, Willie, l'altro elemento rilevante del romanzo, che attraversa esistenze e tradizioni quasi opposte tra loro, senza trovare un approdo, una condivisione profonda, una patria. Non è l'India, che lo soffoca con le sue gerarchie ancestrali, con la repressione (ai più) inconscia della libido; non è Londra, con la sua dispersione e solitudine; non è l'Africa, con la sua istintualità liberatoria e l'introiezione della dominazione. Il romanzo finisce senza finire: sospeso con un bilancio per il protagonista assolutamente negativo. Dice: “Ma la parte migliore della vita è ormai alle mie spalle e io non ho fatto niente”.

E' anche questa dolente spietatezza antinarcisistica insieme all'apertura all'esperienza del mondo una delle ragioni del fascino del romanzo e dello stesso autore.

V. S. Naipaul. La metà di una vita. (“Half a Life”). Traduzione di Franca Cavagnoli. Pag. 232. Adelphi edizioni.