02 settembre 2009

"Vidocq, l’oscuro" di Luciano Luciani




Non pochi critici fanno risalire la nascita del moderno romanzo poliziesco alle memorie del francese Eugène-Francois Vidocq (Arras 1775–1857). Personaggio storico, fu prima giovanissimo delinquente, poi volontario nell’esercito borbonico, quindi, dopo due anni, di nuovo malavitoso specializzato nella difficile arte dell’evasione tutte le volte che veniva ristretto in cella. Divenne allora prima collaboratore di giustizia, informatore e spia, quindi poliziotto infiltrato in quegli ambienti criminali che conosceva alla perfezione. Furono decine e decine i malviventi mandati sul patibolo o al bagno penale da questo spietato ed efficientissimo poliziotto di nuovo tipo. Si deve a lui la nascita della celeberrima Sureté Nationale, la prima grande polizia del mondo moderno che anticipava Scotland Yard e il Federal Bureau of Investigation e i loro metodi. Tra il 1811 e il 1812 di fronte a una criminalità sempre più aggressiva e a una polizia inadeguata a combattere il crimine, l’allora prefetto di Parigi, Pasquier non esitò ad affidargli l’incarico di riorganizzare la polizia parigina.

E Vidocq operò, al solito, con grande spregiudicatezza arruolando nel nuovo corpo i suoi ex compagni di ribalderie, realizzando oltre ottocento arresti nel solo primo anno di attività con sistemi mutuati direttamente dal mondo criminale, facendo inorridire i cultori del diritto e i garantisti del tempo. Allontanato da questo incarico nel 1827, forse per rigettare le accuse di corruzione che gli venivano mosse da più parti, forse per denaro, iniziò a scrivere le sue Memorie, pubblicate in quattro libri negli anni 1828-1829: riottenuta la direzione della Sureté nel 1832, rimase alla testa della polizia parigina solo un anno a causa di uno scandalo che toccò un suo funzionario e che lo coinvolse.

Sensazionale fin da subito il successo delle Memorie di Vidocq. Più volte ristampate e tradotte in inglese ebbero come attento lettore anche Edgar Allan Poe che di lui scrisse:
“Vidocq era uomo di buon intuito, e grande perseveranza. Ma sprovvisto di un’intelligenza allenata, sbagliava continuamente, proprio a causa della eccessiva concentrazione con cui conduceva le indagini. Tenendo l’oggetto troppo accosto non riusciva a vedere con chiarezza. Magari riusciva a scorgere uno o due punti con chiarezza, ma inevitabilmente perdeva di vista l’insieme”.
Fitte di elementi romanzeschi le sue Memorie ispirarono Victor Hugo, che probabilmente modellò sullo avventuriero di Arras due celeberrimi personaggi dei Miserabili, Jean Valjean e l’ispettore Javert. Anche Vautrin, uno dei più famosi protagonisti della Commedia umana di Balzac, venne plasmato sugli esempi offerti dalla complicata esistenza di Vidocq.

Le sue pagine appartengono alla fase aurorale del romanzo poliziesco. Ancora oggi è difficile stabilire in quale misura le Memorie siano da attribuirsi al fondatore della Sureté e non invece a due gosth-writer, identificati in Emile Morice e Louis-Francois l’Héritier: non ancora romanzo poliziesco e controverso il suo valore come documento storico, le Memorie si possono definire un’ ”autobiografia romanzata” che illustra con ricchezza di particolari un metodo investigativo semplice ma di indubbia efficacia.

In occasione di un’indagine Vidocq mobilitava i suoi uomini, di solito ex criminali come lui e i suoi informatori. Lui stesso si travestiva da delinquente e si aggirava nei locali malfamati, dove conquistava le simpatie di ladri e assassini e li induceva a fidarsi di lui e a rivelargli indizi, che poi utilizzava nel corso delle sue inchieste.

L’attività investigativa di Vidocq si può ricondurre a due ruoli, quello dell’informatore e quello del detective, che sa mettere a frutto la sua profonda conoscenza del mondo criminale maturata nel corso della sua precedente “carriera”: per esempio, conosce l’argot, la lingua utilizzata sin dal secolo XVII da accattoni, imbroglioni, prostitute, assassini, costretti a nascondere alle orecchie indiscrete il senso dei loro discorsi. L’argot rappresenta un registro linguistico di natura criptica, decodificato dalla polizia francese nei primi anni dell’Ottocento e ammesso nella letteratura alta proprio attraverso le Memorie.

Ma questo particolarissimo poliziotto non è solo abile ed astuto e sa ricorrere in caso di necessità ad una vasta gamma di procedure non ortodosse. Egli, per esempio, provvedendo a schedare tutti gli arrestati per ritrovarli più facilmente in caso d’evasione, dimostra di apprezzare la sistematicità propria dei procedimenti scientifici: nel quarto volume delle Memorie, basandosi sulla propria esperienza, Vidocq realizza un’ampia ed articolata tassonomia, dividendo i criminali in tre categorie, ladri di professione, d’occasione e per necessità, ognuna dotata di classi e sottoclassi, ognuna identificabile attraverso particolari caratteristiche o comportamenti ricorrenti.

Nonostante le dimissioni, offerte al ministro dell’epoca, nel 1832, non fu facile per Vidocq liberarsi della sua storia e della sua fama. L’agenzia privata di investigazioni di da lui fondata suscitò le gelosie dei nuovi responsabili delle polizia parigina e, considerato il suo passato, non fu davvero difficile ai suoi avversari trascinarlo, ancora una volta, in tribunale. Condannato a cinque anni ricorse in appello e superò legalmente l’ultima difficile prova della sua vita, mentre i giornali dell’epoca ricevevano centinaia di lettere in favore di questo personaggio, tanto oscuro quanto popolare tra i suoi contemporanei.

Terminò la sua vita nel 1857, a più di ottant’anni, come piccolo imprenditore, gestendo una piccola azienda che produceva carta, un’altra attività in cui Vidocq amò circondarsi dei suoi compagni di un tempo: quegli ex carcerati che conosceva così bene per essere stato prima uno di loro, poi il loro più accanito persecutore.