20 settembre 2009

“Nemici pubblici” di Michel Houellebecq e Bernard-Henri Levy


di Gianni Quilici

Appunti veloci su un libro, che meriterebbe un approfondimento ed una conoscenza degli autori e di ciò che sta intorno alle questioni trattate che il sottoscritto non sempre possiede.

Sono lettere che si scambiano per farne deliberatamente un libro due figure di primissimo piano dell'intelligentia francese: lo scrittore Michel Houellebecq, autore di romanzi che gli hanno dato una notorietà internazionale (Le particelle elementari, Estensione del dominio, Piattaforma, La possibilità di un'isola) e il filosofo, romanziere, saggista Bernard-Henri Lévy, altrettanto noto come “Noveaux philosoph” che per i suoi libri su Baudelaire, Sartre ecc.

“Tutto come dicono, ci separa” scrive nella prima lettera il 26 gennaio 2008 Houellebecq “ad eccezione di un punto fondamentale: siamo entrambi individui piuttosto disprezzabili”.
Non è così, non tutto li separa ed il libro è interessante, in certi momenti, travolgente, anche per questo.

Primo: è un confronto vero. Un confronto che non nasconde le divergenze, che le evidenzia, senza il desiderio ostinato, dell'uno o dell'altro, di avere ragione, ma lasciandole perdere, cioè aperte alla riflessione del lettore. Soprattutto è la visione politica del mondo ed il modo di approcciarsi ad esso che è molto diverso. Houellebecq ha desiderato e desidera isolarsi dal mondo, non considerarsi affatto un cittadino. Ha scelto di vivere in Irlanda, dove paga pochissime tasse ed in cui il governo locale mai gli ha dato impressione che dovesse partecipare. Gli piace la Russia di Putin. Levy ha orrore, invece, della Russia di Putin, che considera peggiore perfino del comunismo di Breznev, ma soprattutto a lui non è indifferente la sorte del genere umano e si sente un po' responsabile delle guerre dimenticate in Africa e dei massacri di Sarajevo, delle madrase pakistane, in cui si insegna la jihad, della Cecenia devastata. Per questo -dice- gira “per il vasto mondo alla ricerca di torti da raddrizzare e da cause da difendere, invece di scrivere i miei romanzi e veri trattati di filosofia”.

Secondo: è un confronto che non si nasconde, che non nasconde l'autobiografia, che racconta-confessa in modo qualche volta spietato, andando oltre la maschera, che nella vita pubblica i due autori vogliono o sono costretti ad utilizzare. Autobiografia, che serve per far capire, in molti casi, le loro idee politiche o estetiche o i comportamenti pubblici o semplicemente il loro io profondo. Qui ci sono pagine splendide: il ritratto dei rispettivi padri, l'incontro inaspettato di Lévy giovane e sconosciuto con Louis Aragon in una Parigi oggi scomparsa

Terzo: è un confronto in cui scatta tra i due affetto, complicità. Houellebecq è fragile, pessimista, rassegnato, sente il peso della “muta”, ossia di tutti quei critici e giornalisti che l'hanno preso come bersaglio, che non gli risparmiano accuse pesanti, cattiverie gratuite. C'è soprattutto un momento di cupa tristezza: quando, tramite i giornali, gli giunge “una carrettata di insulti e di minacce” dalla madre stessa, una donna che in vita sua ha “visto di rado, una quindicina di volte al massimo”. La risposta di Levy è notevole per lucidità e intensità. La muta ha paura... La muta è debole... La muta è stupida... scrive Levy e motiva ognuna di queste affermazioni con notevole capacità di penetrazione analitica.

Quarto: è un confronto che rivela lo stile. Negli attacchi e nei tagli-montaggi. Nella scelta di un vocabolario preciso e tagliente. Soprattutto Bernard-Henri Lévy ha uno stile al tempo stesso matematico e martellante, sorretto dalla forza delle argomentazioni e da una cultura letteraria-filosofica considerevole e da un'arte retorica, che varrebbe la pena analizzare nei dettagli.

Quinto ed infine: ci sono idee, spunti di vario genere da assorbire e con cui confrontarsi.
Ecco alcune “pillole” di questi “spunti”:
1)“...c'è in me una forma di sincerità perversa: ricerco con ostinazione, con accanimento ciò che di peggio può esserci in me per deporlo, tutto scodinzolante ai piedi del pubblico (...) Non desidero essere amato malgrado ciò che ho di peggio, ma in considerazione di ciò che ho di peggio, arrivando persino a desiderare che ciò che ho di peggio sia ciò che preferiscono in me” (M.H.)
2) “Ho il gusto di viaggiare, di muovermi, di spostarmi in sistemi di riferimento che hanno parametri diversi rispetto a quelli della mia vita comune. Mi piace sentire il mio motore vitale che gira secondo un altro regime, con sensazioni diverse, emozioni diverse, una diversa forma di rapporto con gli altri e con se stesso, unarealazione diversa con la morte dunque con la vita, con la paura quindi con la coscienza di esistere”. (B.H.L.)

Michel Houellebecq, Bernard-Henri Lévy. Nemici pubblici (Ennemis publics). Traduzione di Fabrizio Ascari. Pag. 314. Bompiani. Euro 19,00.