26 luglio 2009

“Satori a Parigi” di Jack Kerouac


di Gianni Quilici

Libro autobiografico di un viaggio di Jack Kerouac alla ricerca delle proprie radici: in Bretagna “per conoscere il suo vero nome vecchio di 3000 anni e rimasto immutato in tutto questo tempo”.
Un viaggio che inizia a Parigi per raggiungere poi Brest, in Bretagna.
Un viaggio scritto retroattivamente, quando lo scrittore si troverà di nuovo negli Stati Uniti.
Un viaggio, infine, che per Kerouac si trasforma in un “satori” ossia in un'illuminazione improvvisa che gli dà “una nuova immaginazione di sé per sette anni a venire”.

Illuminazione? Per la verità non mi pare di cogliere nel libro qualcosa che sia definibile “illuminazione” come “trasformazione”; ci colgo, invece “illuminazione” come fatti incancellabili, che si scolpiscono.
Un romanzo trasformativo dovrebbe contagiare anche il lettore, interagire con esso, “farlo muovere”; “Satori a Parigi” rappresenta una situazione, più o meno, statica. Nel viaggio si percepisce “solitudine”, in certi casi “isolamento”, che diventa “paura”; ed anche una certa atmosfera allucinata di chi, pur essendo uno scrittore con qualche notorietà, si muove come un individuo qualsiasi, in ambienti che spesso non conosce e non padroneggia. Ed è questo l'aspetto più vero e comunicativo del libro.

Ciò che tuttavia colpisce è lo stile.
Inizialmente nella libertà di non curare non solo la forma, ma neppure la storia, di non voler essere, in una parola, un letterato, che ha orrore di quella che potrebbe formalmente sembrare “sciatteria”. Lo scopo, scrive Kerouac, è raccontare una storia”per il gusto di un po' di compagnia, per comunicare il senso di religioso, del timore-amore reverenziale, sulla vita vera”.

C'è lo scrittore, ma lo scrittore in viaggio con il gusto di un picaresco in tempo di crisi, che rompe con le convenzioni della vita stessa e nel modo di trasmetterla, perché conserva (ora che scrive), lo stesso stile umorale con cui ha vissuto, cioè in stato di ebrezza alcolica, “fuori giro” e per questo adopera naturalmente vari registri espressivi: ironico e grottesco, sincero (fino alla spietatezza) e riflessivo, digressivo e forse inutilmente erudito, colloquiale e invettivo, asciutto e farraginoso, veloce e surreale.

Jack Keruoac. Satori a Parigi (Satori in Paris). Traduzione di Silvia Stefani. Oscar Mondadori.