17 giugno 2009

"Il bello della bicicletta" di Marc Augé


di Gianni Quilici

E' un testo magnifico, scritto da un uomo rimasto giovane.

E' scritto con il corpo, la memoria, il pensiero, l'immaginazione.
Diventa poesia, progetto esistenziale, perfino politico e, in un capitolo delizioso, utopia, che tende ironicamente e affettuosamente al planetario.

Per chi come il sottoscritto ama smisuratamente la bici questo minuto libro di Marc Augé diventa, quindi, una festa, non solo perché (della bici) comprende gli aspetti più intimi, ma anche perché rimane a volte sorpreso dall'esuberanza immaginativa da Augé dispensata.
Marc Augé non si ferma, infatti, di fronte a niente; fa della bici mito, epica, storia, esistenza, paesaggio, tempo e la proietta nelle città come ipotesi politica, possibile utopia di un mondo con fini radicalmente diversi da quelli che oggi esse incarnano.

Il migliore consiglio, in questi casi, è banale: leggerlo... Con una condizione: amare o almeno avere amato la bicicletta.

La recensione a questo punto diventa trascrizione di alcuni passaggi per dare il senso del libro, estrapolandoli dal contesto.

“...quando veniva luglio, verso le quattro o le cinque del pomeriggio mi trovavo sempre davanti al bistrot della piazza della chiesa; l'oste attaccava sulla porta una lavagna dove segnava i primi tre classificati della tappa del giorno e i primi tre della classifica generale. E' così che la mia ammirazione per Coppi e il mio entusiasmo all'annuncio della vittoria, nel 1949 e nel 1952, mi liberarono per sempre da ogni sciovinismo. Per nessun campione francese, nemmeno per Bobet, avrei mai provato l'infinita ammirazione che mi spirava Coppi”

“La prima pedalata equivale a una nuova autonomia conquistata, a una fuga romantica (...) In pochi secondi l'orizzonte chiuso si libera, il paesaggio si muove. Sono altrove. Sono un altro. Sono un altro, eppure sono me stesso come mai prima; sono ciò che scopro”.

“Anche per chi, con qualche timidezza iniziale, sale di nuovo in bici dopo qualche anno di astinenza (...) riscopre velocemente un insieme di impressioni (l'esaltazione della discesa a ruota libera, le carezze del vento sul viso, il lento muoversi del paesaggio), che per rinascere sembravano aspettare solo quell'occasione.

“E l'utopia? La trasformazione della città è un sogno possibile? E la bicicletta può avere un ruolo in questa rivoluzione? Perché la città avrebbe bisogno di una rivoluzione, nel senso letterale del termine, per trasformarsi”.

“L'idea di una città in cui prevale la bicicletta non è pura fantasia”

“La bicicletta è una partitura, una partitura libera, anche selvaggia”

“Ciclisti di tutto il mondo unitevi!”

“Il bello della bicicletta” termina con queste due frasi: “In bicicletta per cambiare la vita! Il ciclismo come forma di umanesimo”

Marc Augé. Il bello della bicicletta. Eloge de la bycyclette. Traduzione di Valentina Parlato. Bollati Boringhieri editore. Pag. 65. 8,00 euro.