01 aprile 2009

Appunti sulla "Récherche" di Marcel Proust


di Emilio Michelotti


Nelle prime sessanta pagine della Récherche, Marcel Proust enuncia, in forma mirabilmente poetica, alcuni dei temi che, come in un vastissimo affresco sinfonico, troveranno variazioni e sviluppi nel corso dell’intera opera: l’irruzione della memoria come presente (media d’elezione la più umana delle capacità, l’attività simbolica, e la più “bestiale” l’odorato), il nesso autoerotismo/sadismo e quello fra l’allucinazione edipica e il narcisismo.

IL SOGNO – Degno di nota mi pare che la funzione di io-narrante sia all’inizio affidata ad uno stato doloroso di sonno-veglia. Vi trovo analogie con Sherazade, Decameron, Pentamerone, De Sade. Anche in questo caso è una disposizione semi-ipnotica che apre la memoria alla narrazione-avvenimento. Sono evocazioni turbinanti che non scombussolano la ragione ma premono come un pugno sopra gli occhi, come i pensieri di un’esistenza anteriore dopo la metempsicosi (pag.5).Il ricordo è circondato da un’oscurità immotivata, inspiegabile. Subito s’insinua un sottile narcisismo: il guanciale, liscio e fresco, rammemora le gote della sua fanciullezza (6)

L’eccitazione sensoria del sonno-veglia simula anche un ricongiungersi con Eva, costola di me, Adamo. Perché un uomo che dorme tiene in cerchio attorno a sé il filo delle ore, l’ordine degli anni e del mondo (7) Nel sonno quest’uomo coglie una semplicità primaria, il sentimento dell’esistenza così come può fremere nella profondità di un animale e si accorge che l’immobilità delle cose che lo circondano è imposta loro dalla nostra certezza,…dall’immobilità del nostro pensiero nei loro confronti (8)

A dimostrazione che le nostre certezze sulla realtà esterna non sono che dogmi privi di fondamento, abitudini dovute alla pigrizia mentale, le pareti della stanza mutano posizione secondo la forma della stanza immaginata o ricordata (le pagine 10-11 sono un’unica lunghissima frase: camere d’inverno, camere d’estate, un unico pensiero senza soluzioni di continuità temporale o spaziale). Anche le abitudini, al pari del sonnambulismo, rendono i gesti inconsapevoli, come una coartazione inconscia: La maniglia della porta sembra girare da sola (14)

IRROMPE L’INFANZIA NELLA RAMMEMORAZIONE INVOLONTARIA

Già in queste prime pagine Proust cala il tema più scabroso e inquietante, come se scottasse: stabilisce un legame fra autoerotismo e sadismo (il nonno viene maltrattato, il bambino-narratore si chiude nel gabinetto, unica stanza con la chiave, la stanza del piacere). Sono personaggi quasi effimeri, quelli di Proust: sembrano nascere casualmente, appena evocati, pochissimo definiti (solo quanto serve a chi ricorda), in accordo con un pensiero analogico e simbolico, concatenato da un’inesorabile incoerenza.

Swann, un amico di famiglia in visita, è descritto come un personaggio incerto che si disegna su uno sfondo di tenebre (24), Sono i parenti del piccolo narratore a costruirlo con le loro parole (25), come fosse un involucro corporeo che diventa, solo una volta definito, essere completo e vivente.

ATTRAZIONE MORBOSA

L’altro tema erotico/narcisistico è quello della repulsione/attrazione per l’incesto. Alle pagg. 29-30 il bacio serale della mamma è paragonato all’attesa morbosa dei maniaci.
Nella sconnessione tipica del pensiero libero, che fluttuando crea le associazioni più inquietanti, entra in scena accanto alla mamma, poiché se ne comincia a parlare, la figlia di Swann. Lo spirito del narratore-bambino vede ancora se stesso convesso e impenetrabile a qualsiasi impressione esterna. (31), tutto rivolto a un’introspezione dolorosa perché inesplicabile. Perfino la scala che l’ha privato del bacio materno, “odiatissima” esala l’odore di vernice che ha assorbito. E’ quest’odore che fissa il particolare tipo di sofferenza provato e servirà a recuperarne la memoria. Una volta in camera sua il bambino ha pensieri luttuosi : scava da sé la sua tomba, indossa il sudario della camicia da notte, si seppellisce nel letto. (35) Come nel Freud di Oltre il principio di piacere si stabilisce un’associazione fra l’inibizione di Eros e l’istinto di morte. Sulla base del dettato biblico non disperderai il tuo seme la sessualità non finalizzata viene collegata alla maledizione agraria dell’infertilità, vissuta come castigo.

Come i codici arcaici della cameriera e le sue divinità: i genitori, i morti, i preti, i re e gli ospiti stranieri (36), il piccolo va costruendo la sua visione di mondo imperitura. Così egli, per mezzo di un biglietto, una inezia, può entrare estasiato e invisibile nella stanza della mamma, può far scoppiare, inebriato, l’involucro del cuore di lei, così da sprizzare e proiettare su di lui tutta la sua attenzione. Quando è ancora acerbo e non si è svelato appieno l’amore fluttua libero e vago, privo di destinazione e al servizio di sentimenti che verranno. In queste prime pagine fa anche un cauto ingresso un accenno di pensiero omoerotico: perché ora il pensiero va al SIGNOR SWANN ? Costui, il bimbo ne è convinto, prova, a sua insaputa, le stesse emozioni del piccolo narratore (38) Il momento dell’incontro fra amore e persona amata – o situazione desiderata – è come creato da noi. Si muove come ciò che ha bisogno di muoversi. E’ necessitato a farlo, come il fogliame del castagno al chiaro di luna (42)

Ormai il bambino-narrante era troppo in là sulla via della realizzazione del desiderio (il contatto con la madre) per poter tornare indietro (44). La mamma è sbalordita: il bambino la ricatta, la luce della candela portata dal padre, figura senza spessore, intransigente perché senza principi, sta avvicinandosi.

Tutto questo (si torna al presente, in un continuo oscillare ) non esiste più da molto tempo, quelle ore mi sono inaccessibili. Ma i singhiozzi non sono mai cessati, ed è soltanto perché la vita si è fatta adesso più silenziosa intorno a me che li sento di nuovo (46). Se ne avessi avuto il coraggio, ora, avrei voluto dirle: non voglio, non dormire accanto a me. Ma sapevo che una notte simile non si sarebbe mai ripetuta, che il mio desiderio più grande…contrastava troppo…con il volere di tutti (53)

LA MEMORIA VOLONTARIA è quella dell’intelligenza, e le informazioni che questa fornisce sul passato non ne trattengono nulla di reale (55)
Come le anime – nelle credenze celtica e buddista – sono imprigionate in esseri inferiori, così è per il nostro passato . E’ uno sforzo vano cercare di evocarlo, inutili tutti i tentativi della nostra intelligenza. ..Se ne sta nascosto al di là del suo dominio e della sua portata in qualche insospettato oggetto materiale. Dipende dal caso che noi, prima di morire, incontriamo questo oggetto oppure che non lo incontriamo mai (56)

La gioia di un’essenza preziosa giunge al bambino narrante da una tazza di tè e da una madeleinette, un dolcetto a forma di seno femminile. Ma la verità che egli cerca non è lì ma dentro di lui. La bevanda l’ha risvegliata ma non la conosce. La ragione è di scarso aiuto a questa ricerca interiore, impossibile per una bambino dipanare il filo che lega il simbolo al ricordo, come sarà poi per l’evocazione delle efelidi su di un volto giovanile, causata dalle imperfezioni dell’emozione immacolata e stupita offerta da un tralcio di biancospino. Quello che cerca è qualcosa di più grande dell’intelligenza, è qualcosa da creare, faccia a faccia con ciò che non esiste ancora e che solo lui può realizzare.(58)

Ecco: sento tremare dentro qualcosa che si sposta, che vorrebbe venir su, come se fosse stato disancorato da una grande profondità…Colgo a stento l’inafferrabile vortice dei colori rimescolati. Tutt’a un tratto il ricordo appare non più chiamato. Dopo la morte delle persone, dopo la distruzione delle cose, l’odore e il sapore permangono a sorreggere – goccioline impalpabili – l’immenso edificio del ricordo uscito dalla tazza di tè (59).


Marcel Proust – Alla ricerca del tempo perduto – Libro I – Parte I Einaudi, Torino, 1963